A 20 anni dalla prima uscita del Gambero rozzo - poi Mangiarozzo - a cura di Carlo Cambi, è tempo di ringraziare e onorare l’attenzione ricevuta, l’affetto costante e la stima consolidata nelle parole di tutte le 12 edizioni. Un elogio che ha contribuito a rafforzare la nostra inclinazione e motivare l’impegno costante.
Oltre le altisonanti citazioni che ad ogni uscita non sapevamo come gestire, il vocabolario ricchissimo che solo un uomo di cultura come lui sa utilizzare, il riconoscimento all’impegno e la gioia dei sensi, c’è l’affetto enorme sempre ricambiato e la fortuna degli incontri, inno all’umanità che permane, a ben cercare anche alla buona tavola.
Twenty years after the first issue of Gambero rozzo - later Mangiarozzo - edited by Carlo Cambi, it is time to thank and honour the attention received, the constant affection and the esteem consolidated in the words of all 12 editions. Praise that has helped to strengthen our inclination and motivate our ongoing commitment.
Beyond the resounding citations that we did not know how to handle with each outing, the extremely rich vocabulary that only a man of culture like him knows how to use, the recognition of commitment and the joy of the senses, there is the enormous affection always reciprocated and the fortune of encounters, a hymn to humanity that remains, to good food too.
2017
Newton Compton editori
Il Mangiarozzo 2017
1000 e più osterie e trattorie d’Italia.
E’ facile mangiare bene e spendere poco se sai dove andare.
a cura di Carlo Cambi
Recensione a pag. 468
Vi confesserò che per me l’Osteria dei fiori non è una tavola, non è un posto dove vado a mangiare. No è infinitamente di più. E dovrei pigliare a prestito dall’infinito animo e infinito genio che è Giacomo Leopardi quell’incipit meraviglioso che sussurra: “Vaghe stelle dell’Orsa, io non credea / tornare ancor per uso a contemplarvi / sul paterno giardino scintillanti / e ragionar con voi dalle finestre / di questo albergo ove abitai fanciullo”. Qui con Iginia che stegama, Paolo che la sopporta tra i fornelli, Letizia che accoglie, orchestra la sala, dispensa vino e umanità, io torno a chiedere pace e a rivivere la mia Vita Nova. Direte: e a noi che importa? Forse niente, ma è per significarvi che qui si sta a casa, ci si accomoda, non a pranzo o a cena (con pure notevole soddisfazione), ma si apre l’uscio di una domestica affinità. Del resto il locale pare fatto a posta per trasformarsi in un alcova dei buoni sentimenti. E’ piccolo, allietato da un trompe d’oeil che narra un vicolo di Macerata – la mia amata – in tutto simile a quello in cui si affaccia l’Osteria, pieno di ricordi e suscitatori di ricordi compreso il dehors che offre almeno sei mesi all’anno una dolcissima sosta. Il resto è la solida affabilità dei fratelli Carducci e la perizia gastronomica di Iginia e di Paolo che si muovono come maestri d’orchestra sullo spartito dei sapori e dei prodotti marchigiani. Qui durante la stagione lirica si cena fino a tardi, qui si fanno eventi, qui sono nati i progetti con l’entusiasmo di Letizia e il supporto di Iginia, infaticabile coordinatrice delle Berrette bianche maceratese, già capitana della squadra marchigiana che intensi allori ha mietuto. Ma Iginia è anche una fedelissima interprete del Nebbia (fu cuoco e gastronomo e prima e dell’Artusi produsse il più compiuto ricettari odi cucina borghese) e dunque non stupitevi se i piatti che all’Osteria dei fiori vi propongono sono di densità particolare.
Il menù è ampio, cambia secondo stagione, ma ci sono alcune proposte imperdibili. Ve le elenco. Dalla panzanella alla maceratese con ciauscolo ai tagliulì pelusi al sugo finto con fave e guanciale, dal coniglio in porchetta al semifreddo al Varnelli. Aprendo il menù ci si accorge di quanto sia corposa la proposta culinaria, tra gli antipasti citiamo i carciofi al cartoccio, la pizza di formaggio con salame lardellato e sottoli, la ricottina di mucca con composta di arance e pane tostato, il pecorino dei Sibillini alla griglia con insalatina sexy e pane croccante e il tortino di polenta al radicchio rosso e speck. Ottimi i primi piatti tra cui calcioni di ricotta alle erbe aromatiche e petali di fiori, maltagliati integrali con verdure di primavera, tagliatelle al ragù bianco di anitra, risotto con fragole, limone e zenzero, spaghetti Mancini al pesto fresco rucola e noci, zuppa del giorno. Regina incontrastata dei secondi è la carne con bocconcini di agnello in fricassea con carciofi, filetto di maiale, entrecote di vitello alla piastra con guarnizione di verdure, tagliata di vitello alla griglia e insalata di pollo all’aceto balsamico. Squisiti i dolci con semifreddo all’arancia, noccioline pralinate e salsa di cioccolato fondente, tortino tiepido al cioccolato con salsa alle ciliege, composizione di panna cotta ai tre gusti, crostata di marmellata della nonna e fantasia di biscotti della tradizione maceratese. L’Osteria dei fiori è anche un centro di cultura gastronomica: tantissime sono le serate a tema che si combinano con quelle organizzate anche alla Fattoria di Paolo, tantissime sono le iniziative che l’Osteria dei fiori promuove compresi i dopo teatro che sono famosi quanto al stagione lirica allo Sferisterio. Ma c’è un ulteriore plus che spiegano come i Carducci siano una famiglia dedicata alla cucina. Juan, il marito argentino di Letizia, ha una storia struggente alle spalle: i suoi avi partirono da qui per fare i panettieri poi quasi un secolo dopo lui ha incontrato Letizia ed eccolo di nuovo alle origini – abilissimo nel preparare empanadas e asado ha aperto il Volverè che è una sorta di “bocadilleria” a due passi dall’Osteria dei fiori. Merita la visita per l’accuratezza di questo mangiar di strada della Pampa che è incantevole come variante alla corposa proposta dell’Osteria. Vi dirò che ci sono diversi menù per vegetariani (le insalate di Iginia sono un trionfo dell’orto) per i celiaci e per i bambini. Ora capite perché le mie Ricordanze qui, tra questi tavoli con i Carducci che hanno in nulla abiurato alle origini contadine della famiglia, ma che anzi alla terra fanno omaggio con questa cucina s’amplificano. Vi svelo un segreto: succederà anche a voi.
2016
Newton Compton editori
Il Mangiarozzo 2016
1000 e più osterie e trattorie d’Italia.
E’ facile mangiare bene e spendere poco se sai dove andare.
a cura di Carlo Cambi, Maestro del gusto di La prova del cuoco
Recensione a pag. 548
Pensando ora che ne debbo scrivere all’Osteria dei fiori m’è tornato in mente un detto di Jhon Ruskin che in effetti ha molto a che fare con questo locale storico, identitario ,raffinato e giustamente contenuto nella mia amata Macerata. “Questa è la vera natura della casa: il luogo della pace, il rifugio non soltanto da ogni torto, ma anche da ogni paura, dubbio, discordia”, scrive il teorico dell’Art Nouveau e io all’Osteria dei fiori, mi sento in quella casa dall’insegna vagamente liberty, con il piccolo spazio di veranda aperta sul vicolo, con un’aria lievemente gozziana dove le piccole cose hanno grande importanza. Mi direte: tu hai per i Carducci (Iginia la cuoca sopraffina, Letizia, l’animatrice di sala e non solo, Paolo il sous chef che è il tramite con la campagna grazie alla sua Fattoria di Paolo, un altro luogo ameno come country house, laboratori o di cucina e orto che il papà e la mamma nonostante le molte primavere mandano avanti con gagliarda sapienza contadina) un affetto che travalica il mestiere di testimone del gusto. Vero. Però so riconoscere anche dentro le lenti dell’amicizia ciò che è valore e spessore da ciò che è solo apparenza. E vi posso assicurare che all’Osteria dei fiori io ho trovato casa. Nel senso che anche la cucina mi appare domestica, che la frequentazione è – grazie alla facilitatrice di rapporti umani e di pensieri colti quale è Letizia – familiare e non c’è cliente di questo localino di delizie che non ne esca di qui con l’impressiona di aver cenato o pranzato in casa di amici. Credo che aldilà del valore gastronomico, i vero valore aggiunto dell’Osteria dei fiori sia questa raffinata spontanea domesticità. Del resto Iginia cucina – e ve ne accorgerete dalle porzioni – con un complesso di maternage.
Anche il menù è sovrabbondante con la paura che manchi sempre qualcosa: Iginia ha nel suo palmarès innumerevoli titoli conquistati con la squadra dei Cuochi delle Marche (lei è capa indiscussa delle berrette bianche maceratesi), un’affinità con il Nebbia (provate il suo Bò alla moda, poi dite se non è un piatto monumentale) che significa frequentare l’archetipo della cucina maceratese, una spontanea attenzione alla qualità e alla provenienza degli ingredienti. Tutto questo si traduce nella proposta di una cucina immediata, percepibile, materica, identitaria. Il menù dell’Osteria cambia secondo stagione e secondo l’estro d'Igina. La cantina per lo più marchigiana è ben scelta da Letizia con ricarichi d’affezione. Che cosa si mangia? Tutto il campionario dei sapori della Marca. Dalla panzanella alla maceratese con ciauscolo ai tagliulì pelusi al sugo finto con fave e guanciale, dal coniglio in porchetta al semifreddo al Varnelli. Aprendo il menù ci si accorge di quanto sia corposa la proposta culinaria, tra gli antipasti citiamo i carciofi in cartoccio, la pizza di formaggio con salame lardellato e sottoli, la ricottina di mucca con composta di arance e pane tostato, il pecorino dei sibillini alla griglia con insalatina “sexi” e pane croccante e il tortino di polenta con radicchio rosso e speck. Ottimi i primi piatti tra cui calcioni di ricotta alle erbe aromatiche e petali di fiori, maltagliati integrali con verdure di primavera, tagliatelle al ragù bianco di anitra, risotto con fragole, limone e zenzero, spaghetti Mancini al pesto fresco rucola e noci ,zuppa del giorno. Regina incontrastata dei secondi è la carne con bocconcini di agnello in fricassea con carciofi, filetto di maiale, entrecote di vitello alla piastra con guarnizione di verdure, tagliata di vitello alla griglia e insalata di pollo all’aceto balsamico. Squisiti i dolci con semifreddo all’arancia, noccioline pralinate e salsa di cioccolato fondente, tortino tiepido al cioccolato con salsa alle ciliege, composizione di panna cotta ai tre gusti, crostata di marmellata della nonna e fantasia di biscotti della tradizione maceratese. L’Osteria dei fiori è anche un centro di cultura gastronomica: tantissime sono le serate a tema che si combinano con quelle organizzate anche alla Fattoria di Paolo, tantissime sono le iniziative che l’Osteria dei fiori promuove compresi i dopo teatro che sono famosi quanto al stagione lirica allo Sferisterio. Ma c’è un ulteriore plus che spiegano come i Carducci siano una famiglia dedicata alla cucina. Juan, il marito argentino di Letizia, ha una storia struggente alle spalle: i suoi avi partirono da qui per fare i panettieri poi quasi un secolo dopo lui ha incontrato Letizia ed eccolo di nuovo alle origini – abilissimo nel preparare empanadas e asado ha aperto il Volverè che è una sorta di “bocadilleria” a due passi dall’Osteria dei fiori. Merita la visita per l’accuratezza di questo mangiar di strada della Pampa che è incantevole come variante alla corposa proposta dell’Osteria. Ma Volverè è diventato una succursale di chiacchiere e di intimità “dei Fiori” a confermare la vocazione innata alla familiarità. Tornando all’Osteria vi dirò che ci sono diversi menù per vegetariani le insalate di Iginia sono un trionfo dell’orto), per celiaci e per bambini. Insomma un’ospitalità condita con la salsa dell’umanità e de vero accudimento. Per questo non posso che dirvi con Ruskin: è un rifugio non soltanto da ogni torto, ma anche da ogni paura, dubbio o discordia. Con i n più il profumo del buono.
A chi si presenterà con il Mangiarozzo 2016 verrà praticato uno sconto del 10%.
2015
Newton Compton editori
Il Mangiarozzo 2015
1000 e più osterie e trattorie d’Italia.
E’ facile mangiare bene e spendere poco se sai dove andare.
a cura di Carlo Cambi, Maestro del gusto di La prova del cuoco
Recensione a pag. 481
Altro non so dire se non citare questi versi stranianti “vaghe stelle dell’orsa io non credea/ tornare ancor per uso a contemplarvi /sul paterno giardino scintillante / e ragionar con voi dalle finestre / di questo albergo ove abitai fanciullo”. Non c’è altro modo per dire ciò che sento adesso a pensare all’Osteria e a cosa rappresenta questo luogo per me, per la mia concreta felicità. Lo faccio adesso perché mi urge una confessione laica: qui si è cementata la mia appartenenza a Macerata, qui si sono fatti i progetti che erano - per dirla come Shakespeare – della stessa sostanza dei sogni, qui la mia vita nova ha conosciuto nutrimento, mi accorsi subito che Iginia era cuoca materna, che Letizia era ragazza di verve e che Paolo era autentico e i Carducci sono stati il mio sostegno nel primo incerto cammino in una città diversa. Oggi posso dire che con Petra abbiamo trovato all’Osteria dei Fiori la mensa del nostro sentimento e oggi posso finalmente rivelare che esattamente dieci anni fa il Mangiarozzo è nato qui. Osservando i Carducci, degustando la cucina di Iginia che mi fece scattare un moto di ribellione perché di gente che cucina così con tanta fatica, passione e perizia non si parla mai? Nacque su questi pochi tavoli l’idea, anzi l’urgenza di ridare dignità completa e compiuta alla cucina di trattoria. Inutile che vi dica che dieci anni dopo lo rifarei e che probabilmente sarebbe ancora Igina l’innesco di questa riflessione, per questo mi pare che Le ricordanze di Giacomo Leopardi non sia blasfemo applicarle a questa mia minima biografia. Devo dire che in questi dieci anni I Carducci si sono evoluti, La Fattoria di Paolo è diventata una scuola di cucina oltre ad essere una country house e ora c’è una novità. Si chiama Volverè, l’ha messa su Juan, i marito di Letizia Juan, il marito argentino di Letizia, ha una storia struggente alle spalle, è tornato a fare il pane a Macerata, da dove quasi due secoli fa una parte della sua famiglia partì per l’Argentina in cerca di pane.
Volverè è una stuzzicheria dove asado e filone di pane dialogano insieme a due passi dall’Osteria dei fiori, per uno spuntino di gusto è l’ideale. Ma torno alle mie amate stanze. Sapete che l'Osteria è piccola con le Tonet in ferro e paglia di Vienna, con il grande Tromp d’oeil che racconta di un cortile, con il gentile dehors affacciato sui selciati del vicolo. Ma sapete pure che è la casa della cucina del Nebbia e della cucina di casa dei maceratesi. Iginia che comanda ancora la pattuglia degli chef maceratesi della FIC, non ha mai smesso di fare ricerca sull’autenticità dei piatti e ogni piè sospinto cambia e impingua un monumentale menù dal quale potete scegliere. Tra gli antipasti la panzanella alla maceratese e la frittatina al tartufo, l’insalata sexy o quella di pollo, la tavolozza di formaggi. Tra i primi i tagliulì pelusi al sugo finto, i risotti alle erbe e quello estivo di pesche al Verdicchio, i meravigliosi, corposi lussuriosi vincisgrassi, i cargiù. Tra i secondi spaziate dal maialino croccante alla sapa, al trancio di baccalà croccante al mais, dalla tagliata alla fesa, dal coniglio in porchetta all’insalata di polpo. A chiudere soprattutto le crostate, i biscottini e il semifreddo al caffè e mistrà Varnelli. Ma qua e là emergono cento proposte come gli spaghetti con le sarde, i fagottini di ricotta, il crostone di baccalà o una sublime insalata sempre di baccalà. L’Osteria dei fiori è anche un centro di cultura gastronomica: tantissime le serate a tema che si combinano con quelle organizzate anche alla fattoria di Paolo, tantissime sono le iniziative che l'Osteria dei fiori promuove e compresi i dopo teatro che sono famosi quanto al lirica allo Sferisterio. Vi dirò che Letizia ha competenza assoluta di gastronomia e di sala e che la cantina parla soprattutto marchigiano. Molti sono i menù proposti: il degustazione e quello per celiaci viene 28 euro, quello per i bimbi 15, quello vegetariano 209.
Ma sono dettagli perché a dire il vero questo è un posto che non ha prezzo.
A chi si presenterà con il Mangiarozzo 2016 verrà praticato uno sconto del 10%.
Newton Compton editori
2014
Newton Compton editori
Il Mangiarozzo 2014
1000 e più osterie e trattorie d’Italia.
E’ facile mangiare bene e spendere poco se sai dove andare.
a cura di Carlo Cambi, Maestro del gusto di La prova del cuoco
Recensione a pag. 522
Torno tra questi tavoli, tra questi ammattonati, tra queste seggioline a rimirare quel tromp l’oeil che narra il cuore immagini di vicolo e di domesticità , col cuore lieto. Non so come dirvelo, ma per me l’Osteria dei Fiori - che se ne sta acciambellata come un gatto vagabondo che poggia il capo sui selciati in mezzo al cuore antico (e ora per via di politiche sciagurate asfittico) di Macerata - è una sorta di ricostituente. Se sto’ un po giù di corda , se il buco nero della depressione comincia a ammaliare, sento un pizzicore al cuore che mi dice: vai a incontrare la gente che sa di buono. Eccomi dunque ancora con Iginia, una vera maestra di cucina che ha tecnica certo, ma che come primo ingrediente usa il cuore, con Letizia che è vulcanica nel pensiero e carsica nell’azione ed è ostinata nella difesa di questa città che amiamo. Devo spiegarvi qualcosa di Letizia che è colta e modesta insieme, ma che pare avere come motto: gutta cavat lapidem. La sua ostinazione nell’agire, la sua incessante immaginazione la portano ad animare ciò che pare immoto: la città. E infatti l’Osteria dei Fiori si trasforma in pensatoio, propellente di mille iniziative. E poi c’è Paolo che porta la concretezza in famiglia. Lui si occupa anche della Fattoria di Paolo, un B&B rurale, che è però altro luogo di esercizio gastronomico e prima di tutto riserva di ingredienti campestri per l’Osteria dei Fiori. Questa tavola infatti àgita dai fratelli Carducci è un mix di personalità, di occasioni e di sensazioni. Ho già scritto molte volte del fatto che Iginia è la capa delle berrette bianche maceratesi e che si spende oltre ogni ragionevole fatica per sostenere i colleghi e affermare un po’ di cultura gastronomica. Sa a memoria le ricette di Antonio Nebbia -il settecentesco anticipatore dell’Artusi con il suo “Cuoco Maceratese” - e la pratica nella sua cucina come la insegna attraverso il premio Antonio Nebbia. E’ dedita alla sperimentazione di tradizione, nel senso che al contrario degli altri che la rivisitano lei la rianima. In questo Magna pars ha Letizia – è lei che prende le comande, lei che orchestra la sala, lei che anima il locale – che in tutti i modi sostiene la sorella cuoca nell’impresa titanica di far apprezzare la cucina di territorio per i suoi tratti identitari. Ora capite perché venire all’Osteria dei fiori e sedersi nella bella stagione nel dehors che da sul vicolo è un corroborante dello spirito. Perchè si mangia bene, si pensa bene e si da nutrimento all’immaginazione. Ci sono stati in questo anno dei piccoli cambiamenti. Iginia ha cominciato a esplorare anche altre tradizioni gastronomiche e ha introdotto alcuni piatti etnici. C’è stata una rivisitazione di alcune specialità, e come al solito ogni due mesi il menù viene cambiato per fare posto alle stagioni che avanzano e mutano. Ma i classici dell’Osteria ci sono tutti e tramite questi classici capirete più dell'anima della terra e della ruralità maceratese che attraverso mille viaggi. Così incontrerete su vostro cammino gastronomico: l’antipasto della tradizione con la pizza al formaggio e il salame lardellato e i sottoli o ancora un delizioso tortino tiepido al parmigiano e erbe di campo, frittata al tartufo nero con pane ai cereali e pecorino dei Sibillini con insalata sfiziosa. Buonissima e freschissima è la panzanella alla maceratese con mentuccia e ciauscolo, tra i primi – non ve li cito tutti che ci vorrebbe un altro libro – spigolate tra i vincisgrassi, le tagliatelle al sugo finto (specialità della casa), i calcioni di ricotta alle erbe aromatiche e petali di fiori, maltagliati integrali con le verdure, risotto con fragole limone e zenzero. Tra i secondi optate per la carne (ma l’alternativa del tomino al forno sul letto di misticanza è notevole) il coniglio in porchetta, l’insalata di pollo all’aceto balsamico, i bocconcini di carrè di agnello in fricassea, il filetto di maiale con riduzione di vino cotto. La ultima sorpresa è stato un piatto freschissimo. Un baccalà grigliato su letto di sedano, misticanza e olio extra vergine monocultivar di coroncina, semplicemente impeccabile. La proposta dei dolci è croccante, sono tutti fatti da Iginia, Paolo e Letizia e soprattutto le crostate e i biscottini sono di assoluta qualità. Per dirvi dell’amore che i Carducci hanno per la loro città vi segnalo che con la stagione lirica e con tutte le manifestazioni di Macerata. I Carducci preparano menù speciali e per esperienza gastronomiche fuori dal comune, c'è il ciclo I piatti della memoria, officiato alla Fattoria di Paolo che sta a Passo di Treia. I menù sono diversi: stagionale a 20 euro, il menù degustazione (anche troppo ricco) a 25 euro , il menù d’Europa a 22 euro, il menù per i celiaci a 25 euro, che da sempre i Fiori sono una delle tavole raccomandata per chi ha intolleranza al glutine, il menù per i più piccoli a 15 euro e quello per i vegetariani a 20. Come vedete la cura per il cliente è massima. In cantina ci sono una quarantina di vini marchigiani, li sceglie Letizia, ma troverete anche oli a rotazione e formaggi. E per continue proposte fuori carta di Iginia che si sperimenta in dolci di antichissima tradizione, in finger food tratti dal tempo. Insomma una esperienza di nutrimento vero, in tutti i sensi.
2013
Newton Compton editori
Il Mangiarozzo 2013
1000 e più osterie e trattorie d’Italia.
E’ facile mangiare bene e spendere poco se sai dove andare.
a cura di Carlo Cambi
Recensione a pag. 535
Torno in questa che è al casa della mia intimità, non solo gastronomica. Ho scritto fin dalla prima edizione del Mangia Rozzo che l’Osteria dei fiori uno di quei luoghi dove la cultura del cibo di tradizione è legato all’agricoltura di specialità. Non solo è accudito ma diventa il lubrificante di sentimenti di affinità e amicizia. Credo che Iginia cuoca che ha una dolcissima predisposizione all’accudimento e al nutrimento e che non a caso è da tempo alla guida dell'Associazione delle berrette bianche maceratesi, e Letizia, la sorella che gestisce la sala ma che ha un’infinita passione intellettuale per tutto ciò che è natura, sentimento, incontro, siano una comunione di sensi difficilmente riscontrabile altrove. C’è poi Paolo, il terzo dei fratelli Carducci che alimenta la sapienza naturale dell’Osteria dei fiori e perpetua insieme al padre e alla madre quella civiltà della terra marchigiana senza la quale questa cucina non si potrebbe fare.
Non a caso Paolo ha aperto la sua Fattoria – sempre coadiuvato dalle sorelle – che è si una country house, ma prima di tutto un laboratorio gastronomico: ci si va per serate a tema, ci si va per esperienze di campagna, ci si va ovviamente anche per ospitalità, ma in un contesto valoriale che è quello che conduce anche i Fiori. Per sapere tutto della Fattoria di Paolo rivolgetevi comunque qui all’Osteria. Il contesto, intendo il contenitore dell’Osteria aiuta a sostanziare quest’atmosfera. La sala è piccola, dominata dagli archi a mattoni a faccia vista e un grande affresco che riecheggia uno dei vicoli di Macerata. Del resto “la bottega” si apre in uno degli angoli autentici della città, a fianco delle Scalette di Piaggia della Torre, che vi portano con erta non agevole sulla piazza principale. Nella buona stagione i Fiori apparecchiano anche un piacevolissimo dehors proprio sui pianciti rinascimentali del vicolo. E’ qui in questa armonia potete gustare piatti di assoluta filologia maceratese. Ci sono dei menù dedicati come quello stagionale (dalla primavera nel piatto all’autunno) che viene offerto a 20 euro. C’è il menù vegetariano alla stessa cifra, poi c’è il menù degustazione, anche troppo ricco a 27 euro, ci sono i piatti per i celiaci che da sempre i Fiori sono una delle tavole raccomandate per chi ha intolleranza al glutine, c’è il menù per i più piccoli. E poi c’è una carta ampia, articolata, assolutamente stagionale, dalla quale potete scegliere un campionario suggestivo della terra maceratese .Partite magari con l’antipasto della tradizione, con la pizza di formaggio e il salame lardellato e i sottoli, o ancora delizioso tortino tiepido al parmigiano e erbe di campo. Buonissima e freschissima è l’insalata gardenia. Tra i primi – non ve li cito tutti che ci vorrebbe un altro libro – spigolate tra i vincisgrassi (qui Il Cuoco maceratese trattato settecentesco di Antonio Nebbia è una sorta di guida spirituale), le tagliatelle al sugo finto, lo sformato di riso selvaggio, i calcioni di ricotta e i maltagliati integrali con le verdurine. Tra i secondi optate per la carne (ma l’alternativa del tomino al forno su letto di mesticanza è notevole) con il carrè di vitello ai carciofi di Montelupone marinati, il già citato maialino, l’ottima galantina di coniglio, i bocconcini di carrè di agnello in fricassea. La ultima sorpresa è stato un piatto freschissimo: un baccalà grigliato su letto di sedano, mesticanza e olio extravergine monocultivar di Coroncina, semplicemente impeccabile. La proposta dei dolci è croccante, sono tutti fatti da Iginia, Paolo e Letizia e soprattutto le crostate e i biscottini sono di assoluta qualità. Ci sono due menù speciali per i celiaci e per i bambini, mentre chi è vegetariano ha ampia scelta nella carta. Per quanto riguarda le opzioni con il menù “i sapori della nostra terra” spendete 25 euro.
Per dirvi dell’amore che i Carducci hanno per la loro città vi segnalo che con la stagione lirica e con tutte le manifestazioni di Macerata. I Carducci preparano menù speciali e per esperienza gastronomiche fuori dal comune, c'è il ciclo I piatti della memoria, officiato alla Fattoria di Paolo che sta a Passo di Treia e che di fatto è una dependance dell'Osteria dei fiori. Ecco questo è il piccolo grande mondo dei Carducci. Bussate all’Osteria dei Fiori e vi sarà aperto. Un villaggio di sensazioni dove è sempre sabato.
PS: in cantina ci sono una cinquantina di vini marchigiani ben scelti da Letizia (che d’estate si toglie gli occhiali). Un particolare per dirvi della cura, hanno rifatto i porta menù con ancora maggior grazia. E’ una ricerca continua che questo anno ha prodotto anche la degustazione dei prodotti Varnelli a fine pasto: dal mitico Mistrà agli amari, ulteriore omaggio alla terra maceratese.
2012
Newton Compton editori
Il Mangiarozzo 2012
più che una questione di etichetta è una questione di forchetta
a cura di Carlo Cambi
L’albo d’oro: stupore e sapore.
Tra i 60 ristoranti da non perdere al n. 3 c’è l’Osteria dei fiori a pag. 27.
Recensione a pag. 499
M’avvio ansimando un poco su per le Scalette, e svolto nel budello di via Lauro Rossi a incontrare la mia domestica felicità. Ne sono vestali due donne uniche, l’una per umanità, solida e per umile cultura che non a casa si chiama letizia, l’altra per giovialità, per affetto materno e per abilità culinaria che è la capa di casa e la chef Iginia. E poi v’è una sorta di paraninfo burbero e schietto di questo mio incontro con la gaiezza che è il terzo fratello Carducci.
E mentre mi preparo ad uno spaghetto cacio e pepe fuori menù (che Paolo bofonchiando acconcia solo per me (e gli viene davvero bene, cremoso e salatino al punto giusto con un piccante solido ma non ardente mentre la pasta è sempre impeccabilmente al dente) e mentre penso indeciso tra una tagliata tenerissima al rosmarino, grigliata all’impronta o piuttosto a un sapido maialino al vino cotto, magari da far precedere da bruschettine col pomodoro e una fetta di prosciutto, ecco che s’istilla il dubbio sui vincisgrassi alla moda del Nebbia, o piuttosto su quello spaghetto estivo al pesto di rucola con pecorino fresco e noci che pare un solletichino ai sensi.
Questo con l’acquolina in bocca mi vado immaginando e pur mi ronza in testa un verso: “Godi, fanciullo mio, stato soave, stagion lieta è codesta, altro dirti non vò, ma la tua festa ch’anco tardi a venir non ti sia grave”. Si, ogni incontro con l’Osteria dei Fiori è un sabato del villaggio! Di quel villaggio che nonostante tutto è Macerata vista da questa prospettiva di vicolo, ma anche di quel villaggio interiore che è ognuno di noi. E nel mio borghetto sentimentale il posto del cuore, dell’amicizia e della riconoscenza è occupato dai Carducci. L’Osteria dei fiori è testimone e innesco delle mie felici metamorfosi. E il motivo c’è: è l’affetto di Iginia che mi guarda con quegli occhi di cielo e mi comunicala disperazione della sua dieta, è dietro gli occhialetti da professoressa di Letizia che è dotata di un ironia sottile, è l’aggancio con le tradizioni di Paolo. E’ sedersi a quei tavoli e sentirsi famiglia. Credo che Giacomo Leopardi, che pure era un gourmet e molti ignorano che il buon cibo e vino di casa gli procurassero empiti di felicità, se avesse avuto al ventura di stare qua, ci avrebbe dato versi, magari meno universali, ma infinitamente meno dolenti. Eppure è la sua lirica che mi sgorga nel cuore quest’oggi che torno per l’ennesima volta nel mio antro d’affetti. Culinari. Ed è questo il valore aggiunto dell’Osteria dei Fiori. Ce è un posto delizioso con la saletta bomboniera inquadrata dagli archi in ammattonato, approfondita da un gigantesco tromp d’oeil (guarda caso con scorcio del villaggio) e ancor più impreziosita nella bella stagione dal dehors che si affaccia sul vicolo Lauri. Il resto è competenza, la professionalità, la dedizione di una squadra – famiglia che fa della cucina qualcosa di più di una professione e dell’ospitalità una sorta di professione di fede. Questo aspetta anche a voi, cari lettori. Che la confidenza con l’allure dell’Osteria dei fiori sarà immediata. Alla curiosità e soddisfazione gastronomica penserà poi il monumentale menù (che cambia di stagione in stagione, che si avvale dei prodotti del territorio e che ovviamente sciorina solo preparazioni tradizionali), all’appetito penseranno porzioni più che generose, al godimento gastronomico penserà la perizia di Iginia che non a caso è la guida di tutti i cuochi del maceratese.
Ora è tempo che vi dica, estraendo dal menù estivo, cosa potete gustare. Partite magari con l’antipasto della tradizione, con la pizza di formaggio e il salame lardellato e i sottoli, o ancora delizioso tortino tiepido al parmigiano e erbe di campo. Buonissima e freschissima è l’insalata gardenia. Tra i primi – non ve li cito tutti che ci vorrebbe un altro libro – spigolate tra i vincisgrassi (qui Il Cuoco maceratese trattato settecentesco di Antonio Nebbia è una sorta di guida spirituale), le tagliatelle al sugo finto, lo sformato di riso selvaggio, i calcioni di ricotta e i maltagliati integrali con le verdurine. Tra i secondi optate per la carne (ma l’alternativa del tomino al forno su letto di mesticanza è notevole) con il carrè di vitello ai carciofi di Montelupone marinati, il già citato maialino, l’ottima galantina di coniglio, i bocconcini di carrè di agnello in fricassea. La ultima sorpresa è stato un piatto freschissimo: un baccalà grigliato su letto di sedano, mesticanza e olio extravergine monocultivar di Coroncina, semplicemente impeccabile. La proposta dei dolci è croccante, sono tutti fatti da Iginia, Paolo e Letizia e soprattutto le crostate e i biscottini sono di assoluta qualità. Ci sono due menù speciali per i celiaci e per i bambini, mentre chi è vegetariano ha ampia scelta nella carta. Per quanto riguarda le opzioni con il menù “i sapori della nostra terra” spendete 25 euro. Per dirvi dell’amore che i Carducci hanno per la loro città vi segnalo che con la stagione lirica e con tutte le manifestazioni di Macerata. I Carducci preparano menù speciali e per esperienza gastronomiche fuori dal comune, c'è il ciclo I piatti della memoria, officiato alla Fattoria di Paolo che sta a Passo di Treia e che di fatto è una dependance dell'Osteria dei fiori.
Ecco questo è il piccolo grande mondo dei Carducci. Bussate all’Osteria dei Fiori e vi sarà aperto. Un villaggio di sensazioni dove è sempre sabato.
PS: in cantina ci sono una cinquantina di vini marchigiani ben scelti da Letizia (che d’estate si toglie gli occhiali). Un particolare per dirvi della cura, hanno rifatto i porta menù con ancora maggior grazia. E’ una ricerca continua...
2011
Newton Compton editori
Il Mangiarozzo 2011
Guida alle osterie e trattorie d’Italia;
più che una questione di etichetta è una questione di forchetta
a cura di Carlo Cambi
L’albo d’oro della la cucina degli affetti.
Tra i dieci ristoranti da non perdere al n. 3 c’è l’Osteria dei fiori a pag. 22
Recensione a pag. 459
Non so proprio cos’altro raccontarvi di questo mio piccolo angolo degli affetti. Ormai chi è lettore da tempo de Il Mangiarozzo dell’Osteria dei fiori sa tutto: che è un locale nel cuore del centro antico di Macerata, che ha una saletta incantevole dominata da un grande affresco che racconta di scene urbane d’antan, che ha gli archi a mattoni, che i tavoli sono un po' stretti ma ben disposti e che d’estate si mangia piacevolmente sul dehor nel vicolo. Che la cantina è essenziale ma ha le chicche che raccontano meglio di qualsiasi romanzo o guida turistica l’essenza del territorio. Che la cucina è improntata alla massima territorialità, alla massima stagionalità, alla massima tradizione. E allora che altro dovrei dirvi se non : Andate e non ve ne pentirete. Ma posso liquidare Iginia, Paolo e Letizia, i tre fratelli Carducci così? No, non posso, si ribella prima ancora che la correttezza del cronista, il cuore. Perchè l’Osteria dei fiori al di là del menù ben composto che si fonda in larga misura sul “Cuoco Maceratese” di Antonio Nebbia (che rimane nonostante sia stato scritto alla fine del Settecento un monumento di cultura gastronomica), al di là del fatto che Iginia è vera maestra di cucina (è il Presidente dei cuochi maceratesi, ha un palmares di titoli con la squadra dei cuochi marchigiani, che farebbe invidia a Roberto Mancini, altro marchigiano ben più noto), al di là della burbera capacità gastronomica di Paolo (il suos chef ed è tutto dire: se Iginia è riuscita a mettere sotto il fratello maschio, vi potete immaginare quale solidità di carattere abbia), al di là dell’immensa cortesia, affabilità, professionalità e soprattutto umanità di Letizia che orchestra la sala avendo due lauree in tasca, avendo una passione vera per la poesia, avendo uno spessore culturale invidiabile, è un’autentica culla dei sentimenti. Devo a questa Osteria buona parte delle cose buone che mi sono successe nella vita, ma devo a Iginia la sua ostinata capacità di resistere sulla trincea della tradizione. Se il Mangiarozzo esiste è perché i fratelli Carducci mi hanno fatto capire che c’era bisogno di dar merito a chi suda al tavola con dedizione e attenzione. Credo di avervi dato abbastanza motivi per andarci ma è tempo che vi dica anche che Iginia è in grado di farvi leggere una carta quasi monumentale e che le porzioni sono di una generosità quasi spropositata. Lei del resto ha una propensione al maternage: cucina per affetto. E non vi dico quante volte ho dovuto tentare, senza riuscirci, di convincerla a mettere a dieta il menù: troppa roba. Non c’è niente da fare, lei se non prepara una quantità di cose non è felice. E visto che la sua felicità è anche la nostra, bè lasciamola fare.
Che cosa? Eccovi un sunto dei suoi piatti. Personalmente posso dirvi che doro il suo maialino al vino cotto, i suoi spaghetti al pesto, noci e pecorino fresco, la sua insalata gardenia, la sua polenta, la tagliata che è sublime, i suoi vincisgrassi: veri, autentici! Per stare leggeri i tagliulì pelusi al sugo finto sono impeccabili, per assaporare la terra maceratese il capocollo con il pane nociato è da fuori di testa, i dolci sono poi tutta roba sua. Inesauribile Iginia, è una cuoca_ Duracell! E ora eccovi dal menù estivo un po' di proposte. Tra gli antipasti avrete Tavolozza di formaggi tipici con pere, noci e marmellate, Tortino tiepido di erbe campagnole e salsa al parmigiano, Sformatino di polenta con salamino e Gorgonzola, Insalata di pollo all’aceto balsamico. Tra i primi Gnocchi di patate con vitello zafferano e melanzane, Gnocchi di patate alla contadina con sugo finto di ceci e guanciale, Risotto alle erbe aromatiche, Zuppa del giorno. Per proseguire poi con il Coniglio in porchetta al finocchio selvatico, Carrè di vitello con pomodorini, rucola e scaglie di Grana, Carrè di vitello con funghi freschi e pecorino affumicato. Infine un carrello dei dolci può farvi assaggiare Semifreddo al miele di acacia con salsa di cachi o al caffè e Mistrà Varnelli, Savarin al Rum con macedonia di frutta fresca, Mousse di cannella con pera al vino rosso, Panna cotta ai frutti di bosco, Crostata con marmellata della Nonna, Tortino tiepido al cioccolato con salsa all’arancia, fantasia di biscotti della tradizione maceratese. Da una cuoca chioccia, e dai suo fratelli che le sono in tutto somiglianti, non ci si poteva non aspettare un menù per bambini, uno apposta per celiaci e uno per vegetariani. Qualche volta Iginia (magari su prenotazione) si avventura anche nella cucina di mare. Tanto qualsiasi cosa faccia, all’Osteria dei fiori c’è sempre sapore di buono.
Newton Compton editori
2010
Newton Compton editori
Il Mangiarozzo 2010
Guida alle osterie e trattorie d’Italia;
più che una questione di etichetta è una questione di forchetta
a cura di Carlo Cambi
L’albo d’oro della la cucina degli affetti.
Tra i dieci ristoranti da non perdere al n. 3 c’è l’Osteria dei fiori a pag. 34
Recensione a pag. 486
Diciamolo subito: non è facile di questi tempi restare fedeli a se stessi. Ci vuole passione, affetto, determinazione. Ci vuole la capacità di concepire la ristorazione come dedizione verso il cliente e come testimonianza dei valori di un territorio, dei suoi prodotti e della sua cultura. Ecco queste sono le fondamenta che Iginia, Paolo e Letizia Carducci possiedono da ormai oltre un quarto di secolo, la loro “bomboniera”: l’Osteria dei fiori. E’ un piccolo ristorante addossato ai vicoli antichi di Macerata (in estate offre un dehor confortevolissimo), ingentilito da un grande tromp d’oeil che fa atmosfera. Una vetrinetta impero raccoglie i dolci e le bottiglie, i tavoli di massello sono ricoperti di tovaglie a quadri e dalle pareti occhieggiano poster, ricordi, foto dello Sferisterio e delle glorie passate di un festival lirico tra i più importanti d’Europa. Il resto è cortesia. Franchezza allo stato puro: nei gesti di Letizia che perfetta sommelier orchestra la sala. Ha Letizia la speciale capacità di dialogare con l’ospite con intelletto e affabilità. Le sue passioni per la letteratura, l’economia, il turismo (dopo una prima laurea ora si è presa quella in Scienze del turismo) la rendono conversatrice amabile. Capace di illustrare il menù degustazione a 25 euro (c’è pure quello per bambini a 20 euro) e
un menù alla carta forse sovrabbondante, ma non c’è modo di convincere Iginia, la cuoca che è a capo anche dell’associazione “delle berrette bianche” maceratesi e che con la squadra delle Marche ha vinto il vincibile in fatto di competizioni gastronomiche, a rinunciare a qualche piatto. Proprio non ce la fa.
Seguace di Antonio Nebbia innovatore della cucina italiana che con il suo Il Cuoco maceratese al limitare del Settecento, fu l’antesignano dell’Artusi. Iginia agisce la cucina con una sorta di maternage: Ve ne accorgerete dalle porzioni e ve ne accorgerete da come impone a Paolo, il fratello che è anche il suos chef e che fa forse il migliore cacio e pepe fuori da Roma gestore anche nelle campagne di Treia di una deliziosa country house dove poter trovare ospitalità se siete turisti, di cucinare i piatti per incrementare la capacità di generare appetito. Lo spartito della proposta di cucina è tutto maceratese, gli ingredienti son odi territorio e perciò la carta cambia secondo stagione. Ma ci sono dei classici come la panzanella alla maceratese con ciauscolo, la frittata al tartufo, l’insalata di pollo all’aceto balsamico, i tagliolini pelosi al sugo finto, i vincisgrassi, il piccione farcito alle mandorle con patate novelle al rosmarino (la ricetta la trovate illustrata nel volume Le ricette e i vini del Mangiarozzo 2010), il filetto di maiale al vino cotto, il semifreddo al caffè e mistrà, la crostata di marmellata. Ma spigolando tra le tante opportunità gastronomiche, e la sceltissima cantina con 60 etichette che ha impostazione territoriale, si hanno ottime occasioni per fare conoscenza sensoriale con questa terra benedetta. Così avrete spaghetti con pesto di rucola, tagliatelle col sugo di papera, risotti, farrotto, per scivolare poi con delizia tra una proposta di coniglio in porchetta e una tagliata di vitellone marchigiano. Poi ecco il pan nociato con capocollo, le bruschette con il ciauscolo, la polentina lenta con il sugo di funghi. I dolci tutti rigorosamente casalinghi spaziano dai semifreddi alle crostate farcite con le confetture che i fratelli Carducci producono in proprio. Ma come ho scritto già nelle precedenti edizioni l’Osteria dei fiori ha un profumo inebriante: è quello dell’affetto e dell’amicizia.
PS: Alina la ragazza di sala polacca – come annunciato – ha lasciato Macerata, ora è a Londra a fare esperienza. Bene è arrivata Edra dolce, brava, attenta. Bè mi sono fermato a riflettere: possibile che i Carducci trovino collaboratori sempre a loro immagine e somiglianza? No. Ho pensato che siano loro a riuscire a plasmare chi gli sta accanto. E mi sono sorpreso a pensare che anche a me l’Osteria dei fiori ha prodotto un benefico mutamento. Ho imparato ad amare la semplicità. Dunque Macerata città gentile. Gentile come l’omaggio che hanno deciso di fare a voi lettori: se arriverete al ristorante con questa guida sono pronti a farvi uno sconto del 10%. Semplicemente perchè Iginia, Paolo e Letizia si sentono parte del nostro mondo fatto di gesti, affetti e cucina autentica.
2009
Newton Compton editori
Il Mangiarozzo 2009
Guida alle osterie e trattorie d’Italia;
più che una questione di etichetta è una questione di forchetta
a cura di Carlo Cambi
Ne L’albo d’oro della la cucina degli affetti, tra i dieci ristoranti da non perdere al n. 3 c’è l’Osteria dei fiori a pag. 20.
Recensione a pag. 409
Iginia, Paolo e Letizia Carducci andrebbero insigniti di una sorta di premio Brillat Savarin. Se ciò che il grande francese predicava, abnegazione, esattezza e attitudine nel gestire la cucina e la sala, volontà di accudire l’ospite, ma anche sincerità nel proporsi e nel confronto, lo cercate in un ristorante italiano: beh il vostro indirizzo è proprio l’Osteria dei Fiori. I tre fratelli Carducci da sempre, con questo loro delizioso ristorantino – una bomboniera ammattonata con le volte a crociera e un grande tromp d’oeil che riproduce una corte, piazzata in un vicoletto di Macerata, che fa ricordare arie di borgo e che d’estate si trasforma nel dehor dell’Osteria attaccato alle “Scalette” che menano sulla piazza – hanno inteso l’ospitalità come la prima origine del loro mestiere. Iginia che è anche la capa degli chef maceratesi e che ha vinto con la squadra dei cuochi marchigiani di cui è titolare, un’infinità di campionati tra nazionali e mondiali, agisce la cucina con una sorta di maternage. Ve ne accorgerete dalle porzioni e di come impone a Paolo, il fratello che è anche il sous chef e che fa forse il miglior cacio e pepe fuori da Roma, di curare i piatti per incrementare la capacità di generare appetito. Letizia è la regina della sala, grande cultrice di vino, di letteratura e di poesia in particolare; ha una profonda cultura che fa trasparire soltanto nelle occasioni che servono, altrimenti è di una semplicità affettuosa disarmante.
Nulla le sfugge anche se tiene a bada relativamente quei pochi tavoli ha davvero quella exactitude che sarebbe piaciuta a Brillat Savarin. La cucina dei Fiori è tutta marchigiana, anzi maceratese , intanto si ispira alle ricette di Antonio Nebbia, il grande scalco settecentesco che con il suo Cuoco Maceratese, fu l’antesignano dell’Artusi è tutta centrata sui prodotti del territorio e ovviamente cambia secondo le stagioni. Dei classici come i vincisgrassi, come il filetto di maialino al vino cotto, come l’insalata Gardenia, che restano sempre in carta, ma ad ogni mutar di stagione entrano dei piatti sempre estratti dalla tradizione locale. Spigolando tra le tante specialità gastronomiche e la non ampia ma sceltissima cantina che ha impostazione territoriale si hanno ottime occasioni per fare conoscenza sensoriale con questa terra benedetta. Così avrete spaghetti con pesto di rucola, vincisgrassi, tagliatelle con sugo di papera, risotti, farrotto, per scivolare poi con delizia tra una proposta di coniglio in porchetta e una tagliata di vitellone marchigiano. Poi pan nociato con capocollo, le bruschette con il ciauscolo, la polentina lenta con il sugo di funghi. I dolci tutti rigorosamente casalinghi spaziano dai semifreddi alle crostate farcite con le confetture che i fratelli Carducci producono in proprio.
Ma come ho scritto nella precedente edizione l’Osteria dei fiori ha un profumo inebriante: è quello dell’affetto e dell’amicizia. Pensate che Alina, la cameriera polacca, una ragazza dolcissima, brava e taciturna a settembre è tornata in Polonia dopo 5 anni di lavoro ai fiori. I Carducci ancora devono ripigliarsi dal distacco e ammetto che anche ai clienti abituali, Alina mancherà.
La casa dei Carducci è così, è un piccolo mondo gentile, gentile come l’omaggio che hanno deciso di fare a voi lettori: se arriverete al ristorante con questa guida sono pronti a farvi uno sconto del 10%. Semplicemente perché anche Iginia, Paolo e Letizia si sentono parte del nostro mondo fatto di gesti, affetti e cucina autentica.
2008
Newton Compton editori
Gambero Rozzo 2008
Guida alle osterie e trattorie d’Italia;
più che una questione di etichetta è una questione di forchetta
a cura di Carlo Cambi
L’albo d’oro della la cucina degli affetti.
Tra i dieci ristoranti da non perdere a pag. 28 al n. 3 c’è l’Osteria dei fiori.
Macerata, mi viene da dire con il mio amato Dante “intender non la può chi non la prova”. E’ una ben strana città, bellissima e pure ritrosa. E’ una culla d’affetti: eppure timidissima. E’ un sedimento di intelletti e pure cinica. Ha pudore di sé e spesso pare ingessata. Scopritela, sarà un incanto. Ma se volete trovare una porticina d’ingresso, come quella di Alice, che vi dischiuda un piccolo paese delle meraviglie, bussate qui, all’Osteria dei fiori dei fratelli Carducci. Il locale è piccolo, raccolto con un tromp d’oeil che racconta una scena di domestico cortile. I tavoli sono ben distanziati e il fondaco è disegnato da un’arcata ammattonata che invita alla coccola del tempo. Si, all’Osteria dei fiori si vive il buon tempo sospeso. Iginia Carducci è la capa dei Cuochi maceratesi e una delle componenti del Team Marche, la squadra delle Berrette bianche che ha vinto il vincibile. Ha uno sguardo liquido, viso tondo e un sorriso immenso. E’ sempre indaffarata, sbuffa come una pentola dove ogni santo dì bolle qualcosa di nuovo. Si danna per tenere in vita il premio Nebbia e per per perpetuare il grande scalco che fu messer Antonio. E infatti il menù, sconfinato rispetto al locale compaiono alcune sue ricette. Poi c’è Paolo che conduce anche una Country House nelle campagne di Treia (altro borgo gioiello) e che coadiuva la sua sorella in cucina e infine Letizia che assomiglia al suo nome, servendo in sala con la exactitude che sarebbe piaciuta a Brillat Savarin. Non dimenticatevi di Alina: una ragazza polacca che qui a Macerata ha trovato una vita buona, buona come lei. Il resto è delizia gastronomica.
Avranno per voi un sorriso in forma di tagliulì pelusi, di vincisgrassi, di calcioni (sono i tortelli) e poi di insalate come la Gardenia, di maialino al vino cotto, di tagliata di manzo marchigiano, di salumi locali, di pecorini freschi, di spaghetti alle erbe. Un campionario di proposte che spaziano dal Nebbia alla tavola famigliare, con una carta dei vini di territorio attenta e onestissima. Per scoprire che anche Macerata ha un’anima, nobile e popolare, ma soprattutto cortese.
Recensione a pag. 401
Potrei riaccostarmi a Dante e parafrasare l’incipit della Divina Commedia per dirvi perché per me l’Osteria dei fiori sia un luogo degli affetti. E’ capitato a me, ma sarà capitato anche a qualcuno dei lettori del nostro fortunato Gambero rozzo, di ritrovarmi, nel mezzo del cammin di propria vita in una selva oscura. E’ quel momento in cui si fanno bilanci e non si sa se si è vissuto bene. A Macerata, mentre stavo li nella mia selva oscura, un giorno sono approdato in questa bottega di buone cose, in un vicolo di ammattonato che pare culla di soavi pensieri, in una città ascosa che pare scrigno di intelletto, nonostante una ritrosia sua propria considerarsi. Il sorriso e la gentilezza di Letizia che orchestra la saletta incorniciata da archi di mattoni, vivacizzata da un tromp d’oeil quasi naif, arredata con rigore e nitore, e un dehor che nella bella stagione si affaccia su quella stradina che pare condurre in un indefinito ovunque, il domestico buono dei piatti di Iginia coadiuvata da Paolo (sono i tre fratelli Carducci che ormai da sei lustri conducono l’Osteria dei fiori), il garbato accudire i clienti di Alina, mi fecero sentire come il mio sommo conterraneo, sazio di una porzione di Vincisgrassi, felice per un rosato di Villa Forano e un Verdicchio della Belisario ad accompagnare una semplicissima ma buonissima tagliata di scottona marchigiana, corredata da un’insalata dove erbe spontanee, frutta e verdura rivaleggiavano a costruire un perfetto bouquet, “come quei che con lena affannata, uscito fuor dal pelago alla riva, si volge all’acqua perigliosa e grata”. Si, cominciò dall’Osteria dei fiori una rinascita, un vitalismo, un progettare nuovo. Capiterà anche a voi se avrete l’occasione e/o la curiosità per esplorare il tanto di buono che Iginia (campionessa italiana con la squadra dei cuochi marchigiani, infaticabile leader delle Berrette bianche maceratese, emula Antonio Nebbia, il primo codificatore della cucina borghese sul finire del Settecento in una Macerata percorsa da fermenti libertari e ancora aggiogata al potere temporale papalino), Paolo e letizia sono in grado di proporvi in tavola e nello spirito. I menù cambiano secondo stagione, hanno un aggancio fortissimo con il territorio, si compongono delle radici marchigiane e del ricettario del Nebbia, ma hanno un occhio di riguardo per i bambini, i vegetariani, e celiaci, per i quali sono proposte specifiche liste di vivande. Spigolando tra le tante opportunità gastronomiche, e la non ampia ma sceltissima cantina che ha impostazione territoriale, si va dagli spaghetti con sugo di rucola ai vincisgrassi, dalle tagliatelle con sugo di papera, ai risotti, al farrotto, per scivolare poi con delizia tra una proposta di maialino in crosta con salsa al vino cotto e una tagliata di vitellone marchigiano, poi ecco il pan nociato con il capocollo, le bruschette con il ciauscolo, la polentina lenta con il sugo di funghi. Infine un plauso meritano le insalate. Infine un plauso meritano le insalate: la gardenia (perfetta combinazione di frutta e ortaggi) è un must, ma imperdibili sono le composte di erbe spontanee (un’altra passione di Iginia) e fiori. I dolci, tutti rigorosamente casalinghi, spaziano dal Tiramisù alle crostate farcite con le confetture che i fratelli Carducci producono in proprio.
Il resto è smisurato affetto, spontaneità e soprattutto vita.
Newton Compton editori
2007
Newton Compton editori
Gambero Rozzo 2007
Guida alle osterie e trattorie d’Italia;
più che una questione di etichetta è una questione di forchetta
a cura di Carlo Cambi
L’albo d’oro della la cucina degli affetti.
Tra i dieci ristoranti da non perdere n. 3 c’è l’Osteria dei fiori.
Se volete capire cosa intendevo raccontare nella mia introduzione venite qua. L’Osteria dei fiori è il paradigma di come un piccolo ristorante, per le dimensioni, possa essere un ambasciatore perfetto dei valori di una terra. Iginia Carducci è la leader dei cuochi maceratesi ( hanno vinto il campionato italiano a squadre) e cucina per passione e per istinto, Paolo suo fratello la asseconda in cucina e per lui, con il suo agriturismo (la Fattoria di paolo) contribuisce a dare ancora più senso a questi menù. In sala Letizia, provetta sommelier, donna di una dolcezza assoluta e di una cultura spessa e solida, che una curiosità del mondo che incanta, guida i clienti verso i lidi dell’autenticità
spalleggiata da Alina, una giovanissima ragazza che viene dalla Polonia, ma sembra sia nata a Macerata, tanto si è fatta contagiare da questa squisita autoctonia. Avranno per voi un sorriso in forma di tagliulì pelusi, di vincisgrassi, di calcioni (sono i tortelli) e poi di insalate come la Gardenia, di maialino al vino cotto, di tagliata di manzo marchigiano, di salumi locali, di pecorini freschi, di spaghetti alle erbe. Un campionario di proposte che spaziano dal Nebbia alla tavola famigliare, con una carta dei vini di territorio attenta e onestissima. Il resto è piacere autentico: dato dal grande tromp d’oeil che giganteggia sulla parete,
data da quella carezza di piccole cose di gusto che i Carducci sanno proporre con spontaneità con il seguire delle stagioni agricole (il menù varia spessissimo) con una cura per l’ospite che non è affettazione, ma porzione generosa, con una identità che è sentirsi comodi nelle proprie radici e nel donarvele facendovele assaggiare come il più caro dei souvenir.
Recensione a pag. 362
I lettori della prima edizione del Gambero rozzo sanno quanto questa osteria sia per noi una sorta di archetipo. E’ davvero difficile trovare un tasso così alto di autenticità in un localino dove la grazia e la sostanza si fondono. Officia in cucina Igina Carducci, che ha vinto con il Team Marche il titolo di Campione d’Italia degli chef per il 2006. Accanto a lei tra i fornelli c’è il fratello Paolo, grande cultore di prodotti del territorio che coltiva in parte nel suo agriturismo La corte di Paolo, altro punto d’approdo notevole per i gourmet. In sala ecco la terza della famiglia Carducci, Letizia, che sa dare al servizio il giusto tono: consiglia ma non impone, suggerisce ciò che dalla cucina esce al meglio. E’ questa cucina è ciò che un viandante del gusto si augura di incontrare sul suo cammino.
Intanto, rara avis, cambia con il corso delle stagioni, ha un occhio di riguardo per i celiaci con un apposito menù e per i bambini, affonda le radici nella tradizione di Antonio Nebbia.
La proposta è complessa e complessiva: si va dagli spaghetti con sugo di rucola ai vincisgrassi, dalle tagliatelle con il sugo di papera ai risotti, al farrotto, per scivolare poi con delizia tra una proposta di maialino in crosta con salsa al vino cotto e una tagliata di vitellone marchigiano, poi ecco il pan nociato con il capocollo, le bruschette con il ciauscolo, la polentina lenta con il sugo di funghi. Infine un plauso meritano le insalate: la gardenia (perfetta combinazione di frutta e ortaggi) è un musa, ma imperdibili sono le composte di erbe spontanee (un’altra passione di Iginia) e fiori. I dolci, tutti rigorosamente casalinghi, spaziano dal Tiramisù alle crostate farcite con le confetture che i fratelli Carducci producono in proprio. In cantina primeggiano i vini del maceratese peraltro in prepotente ascesa qualitativa. I tavoli sono pochi (il locale è ingentilito da un grande tromp d’oeil) ma non c’è la sensazione di affollamento anche perché a coadiuvare il servizio di sala c’è il sorriso di Alina, anche lei appassionata di vini, che invita alla cordialità. In estate di approfitta dei pochi tavoli che vengono apparecchiati sul vicolo pedonale a respirare l’anima antica di Macerata, che è fatta di concretezza, di cortesia, di solidi sapori e di un allure di rurale eleganza di cui l’Osteria dei fiori è la testimonianza più gustosa. Ne volete una prova? Difficilmente ristorante che presentano conti così moderati vi danno un rompi fame prodotto al momento. Qui accade perché Iginia che comanda gli chef maceratesi ha ben presente il comandamento di Brillat Savarin: convitare qualcuno è farsi carico della sua felicità!
Newton Compton editori
2006
Newton Compton editori
Gambero Rozzo 2006
Guida alle osterie e trattorie d’Italia;
più che una questione di etichetta è una questione di forchetta
a cura di Carlo Cambi
L’albo d’oro della la cucina degli affetti.
Tra i dieci da non perdere, pag.28 al n. 3 a è l’Osteria dei fiori di Macerata.
Osteria dei fiori, via Lauro Rossi n. 61 , Macerata, telefono e fax 0733260142, info@osteriadeifiori.itWww.osteriadeifiori.it, Ferie: variabili dopo Ferragosto; 25 dicembre – 6 gennaio. Coperti 30 + 20 all’aperto d’estate quando durante la stagione lirica allo Sferisterio funziona anche per il dopo teatro. Carte di credito accettate: tutte. Prezzo medio 30 euro.
Iginia e Paolo in cucina, Letizia (coadiuvata dall’ottima Alina) con la sua perizia di sommelier e di appassionata dei prodotti del territorio sono i tre fratelli che assicurano all’Osteria dei fiori un primato: la qualità nella cortesia con grande rispetto e amore per la loro terra, il maceratese. Il locale è piccolo -d’estate offre un delizioso dehors sul vicoletto del centro antico, rischiarato da un grande tromp d’oeil che fa l’atmosfera. La cordialità è immediata e spontanea: il menù un trionfo di autenticità. La cifra della cucina di Iginia, è lei la capocuoca e la leader storica degli chef della sua provincia) è sapore nella leggerezza e recupero di quanto più si può dei piatti di casa.
Basta dire che ha un menù dedicato ad Antonio Nebbia, per capire quanto per lei, per loro conti il mantenere un filo di continuità con la cucina consolidata. La proposta che è sempre aperta da un appetizer casalingo varia con il variare delle stagioni e se anche i vincisgrassi sono sempre presenti in estate cercano di dirottarvi sugli spaghetti con il sugo di rucola e caciotta fresca o sui fusilli con le melanzane e ricotta salata. C’è un piatto che più territoriale non si può – i tagliulì pelusi con il sugo di fave – che ovviamente in inverno sparisce sostituito con ben più corpose tagliatelle ala sugo di papera. Tra i secondi il maialino in salsa di vino cotto è trionfo di sapore. Per dire il rapporto che questi tre fratelli hanno con la loro terra (hanno anche un orto privato e un agriturismo da dove cavano buona parte degli ingredienti) basta scorrere la lista degli antipasti dove troneggia un ciauscolo con la crescia e in alternativa la pizza al formaggio, un tagliere di formaggi da accompagnare con le mostarde di frutta da acquolina in bocca immediata. Buone anche le verdure: dal gran piatto caldo all’insalata gardenia spesso arricchita da erbe spontanee (sono un’altra cifra del locale) e fiori. C’è anche un menù per celiaci e uno per bambini a testimoniare l’amore verso al cucina e il rispetto per il cliente. Vini per lo più regionali a tutto vantaggio della qualità e del portafoglio.
Recensione a pag. 206
Nel centro storico di Macerata, a pochi passi dallo Sferisterio, tempio della lirica italiana sorge questa storica trattoria gestita dai fratelli Carducci da oltre vent’anni. I piatti rispecchiano l’offerta del territorio, coniugando la tradizione a qualche rivisitazione più moderna.
In apertura panzanella e ciauscolo, pecorino con marmellata di fichi e crescia con affettati e verdure ripassate. Si prosegue con pengiarelle alla maceratese, vincisgrassi, zuppa di verdure e cereali, tagliatelle al ragù di anitra e tagliatelle con le castagne. Tra i secondi piccione ripieno, coniglio in porchetta, cinghiale brasato con verdure, e agnello in crosta aromatica. Dolci della casa e buone etichette marchigiane. Anche piatti vegetariani e senza glutine.